METIS E MAAT: LA BILANCIA DELL’ESPERIENZA

 

 

 

«Per mètis più che per forza eccelle il boscaiolo.

È per la mètis che il pilota sul mare vinoso guida la rapida nave, a dispetto dei venti.

È per la mètis che l’auriga può superare l’auriga».

Omero, Iliade, Canto XXIII

 

 

 

In un tempo assai lontano, quando il mondo, per come lo conosciamo, non era altro che un pensiero, una sensazione che gli dei provavano, la titanide Metis,  figlia di Oceano e Teti, è la prima amante, o sposa, di Zeus. Quest’ultimo, avvertito da Gaia e Urano che Metis, dopo avergli dato una figlia, avrebbe partorito un figlio che lo avrebbe spodestato (come Zeus stesso aveva fatto con il padre Crono), la ingoia nel momento in cui lei è gravida. Al momento del parto, preda di un tremendo mal di testa, il re degli dei ordina a Efesto di procurargli una ferita sul capo con un’ascia. Dalla testa di Zeus esce una giovane donna in armi: Atena.

Questa è il mito greco della dea Metis e la sua storia è un passaggio importantissimo e essenziale per la gerarchia dell’antica Grecia, almeno per come viene raccontata nella Teogonya di Esiodo (700 a.C). E’ uno dei molti casi, all’interno della mitologia greca, nei quali è molto difficile riuscire a scindere la divinità, intesa come personaggio protagonista di miti e leggende, dal concetto astratto che rappresenta. In questo caso Metis è sia una divinità che il concetto stesso di intelligenza pratica e prudente.

Per gli antichi Greci, non esisteva una sola forma di intelligenza a livello linguistico, come invece viene intesa in epoca moderna. Non era possibile dividere le persone in persone intelligenti o persone stupide in modo preciso e definito. E’ possibile ridurre, in linea generale, l’idea di intelligenza greca in due definizioni distinte: logos e mètis.

La parola logos (discorso, legge, ragione, pensiero, fuoco, logica, intelligenza) nella cultura greca assume diversi significati, tra questi anche quello di un particolare utilizzo dell’intelletto. E’ la cosidetta intelligenza alta o alata, che guida e illumina l’umanità. Per Platone, ad esempio,  il logos era principalmente la manifestazione del pensiero razionale, per Eraclito era la stessa legge universale che sottende il funzionamento di ogni cosa. Attraverso il logos, noi siamo in grado di creare categorie, ovvero di raggruppare sotto un’unica definizione elementi diversi. Fa parte del logos, per esempio, la capacità di comprendere la matematica, oppure di elaborare nuovi schemi, principi e modelli.

Metis (prudenza, perfidia), invece, è un’intelligenza molto diversa e si riferisce alla capacità di proporre soluzioni specifiche per il caso concreto. Siamo, quindi, di fronte a un aspetto più pratico dell’intelletto, finalizzato a risolvere problemi singoli e non astratti. Per fare un esempio, Ulisse ha utilizzato mètis per accecare il ciclope Polifemo e uscire dalla grotta nella quale lui e i suoi compagni erano tenuti prigionieri. Ha sempre utilizzato mètis quando ha escogitato il trucco del cavallo, per conquistare Troia, città altrimenti inespugnabile. Anche il gesto di divorare Metis da parte di Zeus nasconde un significato estremamente pratico, all’interno del mito.

In altre parole: mètis è l’intelligenza pratica, quella che consente agli uomini di risolvere abilmente e per vie non convenzionali  i problemi di tutti i giorni. Basa la sua forza e la sua grande elasticità sull’esperienza . Più esperienze si fanno, più si affina la propria intelligenza pratica. Il corpo conserva in sé una parte dell’intelligenza, che sviluppiamo tramite l’esperienza. Il pensiero metodico e razionale è il logos; mètis non si può apprendere se non attraverso la pratica. L’imprevedibilità, il polimorfismo, la flessibilità, la capacità di adattarsi in fretta alle diverse situazioni ne fanno una forza con cui l’uomo può piegare il caso a proprio vantaggio.

“A differenza del logos, ragione alta ed astratta, mètis era un’intelligenza bassa, rivolta al caso singolo, specifico: non classificava, non costruiva categorie. Era frutto dell’esperienza e della riflessione volta a perseguire obiettivi concreti, raggiunti spesso per via indirette e tortuose”.

Eva Cantarellla, Sopporta, cuore…, Edizioni Laterza, 2013

E’ interessante anche sottolineare come, nonostante per i Greci mètis fosse una forma di intelligenza bassa e il logos le fosse di gran lunga superiore, questa particolare forma di astuzia venga contrapposta, sempre nella cultura greca, anche ad un altro concetto estremamente importante: l’anank, ovvero la fatalità, il Destino, che,  tramite mètis, può essere piegato ai voleri umani.

 

LA PIUMA DI MAAT

Possiamo collegare con un filo sottile i concetti espressi dalla divinità o principio di Metis con l’antecedente mito egizio di Maat.

Maat era la divinità egizia della verità, dell’ordine e dell’armonia; spesso rappresentata come una gigantesca ragazza giovane, dalle braccia ricoperte di piume colorate. In alcune immagini, porta in mano lo scettro uas e l’ ankh, simbolo della vita eterna. La troviamo nominata più volte nei Testi delle Piramidi di Unis (2375 a. C. – 2345 a. C.) nel periodo dell’Antico Regno. La cerimonia a cui più frequentemente si associa Maat è quella della Psicostasia, a cui, secondo il Libro dei Morti, veniva sottoposto il defunto prima di poter accedere all’aldilà. Nelle profondità del Duat, il cuore di ogni uomo o donna, sede dell’anima immortale e per questo non asportato al morto durante la mummificazione,  veniva valutato e giudicato. L’organo veniva posto sul piatto di una bilancia custodita da Anubi; sull’altro piatto stava una piuma di Maat. Per poter ricongiungersi con i propri cari e i propri antenati, il peso del cuore non doveva mai superare quello della piuma. L’uomo il cui cuore si rivelava essere troppo pesante, era condannato a rimanere in eterno nel Duat, senza speranza di immortalità.

Per spiegare l’influenza di Maat nella successiva mitologia greca che fa da sfondo al culto di Metis, si deve ricorrere alla linguistica e alla matematica. Il termine Maat riappare in copto, in babilonese e in greco. In greco la radice: “Ma”, “Math”, “Met”, entra nella composizione di vocaboli contenenti le idee di ragione, disciplina, scienza, istruzione, giusta misura e in latino il termine materia indica ciò che può essere misurato. Si può anche ritenere che il termine “sa meri”, che in Sardegna significa “la padrona”, o più semplicemente il corrispettivo Matrona, derivi proprio dal vocabolo Maat o Met, che passò nel greco come Metis, con un’accezione piuttosto differente. Ora, nella mitologia egizia il Dio marito di Maat è Thot, signore della sapienza e delle scienze esatte, della matematica della, scrittura e della geometria. Thot è anche il Dio della Luna, mentre Maat è sempre associata al sole.

La contrapposizione tra i valori attribuiti a Maat (verità, ragione, legge) e quelli di Thot (matematica, geometria, sapienza, scienze esatte) ricalcano il rapporto e la differenza tra Metis (prudenza, buon senso, astuzia) e  logos (pensiero, ragione, precisione). Rendendo molto probabile l’influenza delle due divinità, che secondo gli studiosi, altro non sono che la stessa, cambiata e modificata dall’influenza di culture diverse. Se poi si considera che entrambe le dee sono l’antropomorfizzazione di concetti astratti e che entrambe, nelle rispettive mitologi,e sono figure chiave per giustificare o spiegare la gerarchia divina, allora diventa semplice intuire le correlazioni.

 

PIUME E PSICOMOTRICITA’

Quanto pesa il cuore di un uomo? In che modo può arrivare ad alleggerire la propria anima? Quale tipo di educazione deve ricevere? Quale intelligenza dovrà allenare o sviluppare? Conteranno di più gli studi e l’esercizio del pensiero o le esperienze che il suo corpo vivrà nel mondo? Sapremo sopravvivere all’odissea della nostra vita? Un dilemma profondo che tormenta gli uomini da molto tempo, rendendo difficile trovare una via più giusta di un’altra da seguire.

Forse il modo più efficace è cercare di essere delle piume. La piuma è il simbolo per eccellenza della leggerezza, della semplicità; secondo un’antica concezione era anche simbolo assoluto del volare: per le popolazioni mesopotamiche agli animali bastavano le piume per poter volare. Piume sono quelle sulla testa e sulle ali di Maat e sono piume quelle che compongono il manto verde cangiante dell’immenso Quetzalcóatl, in Messico. Nelle acconciature dei nativi americani si trova una grandissima simbologia legata alla piuma; spesso venivano portate come copricapo, simboli di memoria, o legate sul petto. Erano, inoltre, utilizzate per la scrittura o come imbottitura.

La psicomotricità è una disciplina estremamente mobile, cangiante ed elastica, nel suo essere educativa e terapeutica. Si basa sull’esperienza corporea e propone pratiche diverse, o vissute in maniera differente da ciascun soggetto con cui si entra in relazione.  Uno degli scopi della scuola è quello di scoprire e sviluppare in ogni singolo individuo una propria mètis, attraverso l’uso del corpo, del movimento, dell’azione e del gioco. Nella tradizione delle favole tedesche, scuotendo una coperta piena  di piume è possibile far uscire soffice neve bianca. In fondo cos’è il volo di una piuma, o di un fiocco di neve, se non un grande gioco?

A cura di Nicolò Corradi