ADOLESCENTI, CORPI IN TRASFORMAZIONE

FERNANDO BATTISTA

 

 

DANZAMOVIMENTOTERAPIA E CORPO CONTEMPORANEO

Convegno Nazionale APID
Roma, 26-28 Marzo 2010

 


Il corpo è radice della identità, costruzione della struttura della personalità, elemento di relazione con l’altro. Non è possibile incontrarsi faccia a faccia senza tramite del corpo. Nella relazione con l’altro siamo il vissuto del nostro corpo nella relazione con altri corpi. La relazione in un contesto sociale impone la visione dell’ individuo in quanto non singolo, ma persona facente parte di una collettività, di un gruppo sociale in cui la relazione individuo-contesto è parte del vissuto del singolo (Battista 2010).

Parliamo infatti di corpo percepito, corpo osservato, corpo vissuto, corpo rappresentato, così come definito dalla filosofia fenomenologica di Merleau-Ponty. Tale concezione di diversi corpi fa si che possano interagire nella costruzione della persona, dell’essere persona, attraverso la relazione con gli altri. Il corpo, secondo Mead, è anche una costruzione sociale, culturale, condizionata perciò dalle mode, dal concetto di sano, di bello, dal corpo presentato dalla cultura di appartenenza oggetto-soggetto di sguardi, giudizi, identificazione di miti ed eroi del nostro tempo che spesso siedono su troni senza corona o conquistano la scena con straripante e posticcia avvenenza, è frutto dell’immagine collettiva e del singolo, e ne costituisce lo specchio interiore, conseguenza di una costruzione socio-culturale.
F. Basaglia dice “ …. È lo sguardo d’altri ‘come intermediario che mi rimanda a me stesso’ (Sartre) che mi rende cosciente di me, perché solo attraverso lo sguardo d’altri io posso essere la mia oggettività. Avvertendo contemporaneamente la soggettività dell’altro che mi determina e mi domina” (Basaglia 2007). Il corpo visto dagli altri, corpo sociale, costruzione culturale, corpo che cerca la sua identità all’interno di una trasformazione che in adolescenza è fonte di minaccia e allo stesso tempo legame con il mondo, unico mezzo per prendere possesso del proprio esistere. L’identità così ambita e perseguita dagli adolescenti, spinta all’essere identico nel tempo, nel senso che è qualcosa in cui ritrovarsi, in realtà non è immutabile, evolve in modo incessante col mondo. L’identità ha quindi natura relazionale e si identifica con un sentire, dare un senso, è frutto di legame tra i moti interni di una persona ed i moti della società fuori di essa laddove si è costretti a riformulare, rivedere investimenti di senso, valori e dove di conseguenza la coscienza identitaria è divenuta priva di un radicamento profondo (Le Breton 2005). Il corpo in adolescenza è alla base della costruzione di una coscienza di se perché ci accompagna nel tempo. Al di là dei mutamenti in un ambiente imprevedibile e cangiante, resta l’unico mezzo per riprendere possesso di se, alle volte con manifestazioni sullo stesso corpo, percing, tatuaggi, che affermano un prendere possesso del corpo mentre questo cambia pelle. E’ la propriocezione, termine coniato da Sherrington, che permette l’incontro con noi stessi e generare il sentimento corporeo alla base della distinzione tra il nostro corpo e quello degli altri, base fisiologica della coscienza di sé e principale ricerca dell’adolescente da un corpo perduto ad un corpo riconquistato. Senza percezione del proprio corpo saremmo come degli estranei a noi stessi. Ancora Merleau-Ponty, parla di corpo vissuto, percepito dagli altri e corpo sentito a livello fisico che non è necessariamente corpo percepito dalla persona. Si può non avere alcun problema biologico a livello fisico ma vivere con disagio, con sofferenza o senza consapevolezza il proprio corpo. La percezione del corpo quindi, ha a che fare con la percezione della forma e dello sfondo dove è collocato, rifacendoci alla teoria della Gestalt, in
quanto è lo sfondo che definisce le coordinate della percezione,in caso ad esempio di disabilità complesse, laddove la difficoltà è di comprendere ciò che è percepito, perché si vive la distanza tra realtà e realtà percepita. Gli adolescenti con diverse abilità vivono quindi la problematica dell’adolescenza in un situazione di ulteriore difficoltà dettata dalla patologia che li caratterizza. Spesso si riscontra una ambiguità tra oggetto corpo e soggetto , tra soggetto e oggetto delle percezioni. In diversi casi il corpo è vissuto come estraneo e incontrollabile, sfuggente, qualcosa di disunito, frammentato, come parti diverse di un organismo di cui non si percepisce unità.
Francesco, adolescente disabile, nel ricostruire il suo corpo con la creta lo rappresenta come un insieme di filamenti sottili, dove possiamo distinguere la testa ed i piedi.
Ancora Basaglia: “non si può parlare di uomo senza essere rimandato alla sua corporeità, ne si può avvicinare il fatto corporeo senza implicare l’intero complesso dell’uomo nel suo essere umano. Il nostro ingresso al mondo si attua infatti nel momento del nostro apparire come corpo……..è proprio il corpo che mi da la possibilità di agire, di tendere verso la realizzazione del mio possibile.” ( Basaglia 2007). Il problema è quindi creare le condizioni perché queste persone possano realizzare il loro possibile. La persona è costituita da elementi biologici, fisici, sociali, ma si riconosce se si percepisce come unità, unità che fonda il sentimento dell’io. Dare forma al corpo per dare forma alla persona che si muove nello spazio e nel tempo e riconosce l’altro nella relazione. Altro è essere riconosciuto.
Per i greci chi non è nella pòlis, chi non appartiene alla città, chi non ne parla il linguaggio, chi ne sta fuori, o è un animale o è un dio. Come quindi può, un corpo di adolescente che non rappresenta canoni estetici del mondo attuale ed in più smarrito, perso nel suo cercare punti di orientamento che appaiono evanescenti, mutevoli, essere parte della pòlis?

 

 

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